L’epilogo del I° millennio a.C. accompagna storicamente e politicamente Roma, nel passaggio dall’epoca repubblicana a quella imperiale. L’ultimo secolo di quel millennio, il I° a.C. è il teatro di furiose lotte per il potere e in questo scenario, delle gesta di personaggi mitici della storia dell’Urbe, primo fra tutti Gaio Giulio Cesare, eletto console per la prima volta nel 59 a.C. Al termine del suo mandato annuale, nel marzo del 58 a.C Giulio Cesare concepisce e attua, con l’avvallo del Senato di Roma, una politica imperialistica di espansione sistematica della città eterna verso i territori della Gallia, con escursioni in Britannia e nelle terre al di là del fiume Reno, oltre il confine naturale delle Alpi.
Dieci anni più tardi, al suo rientro in Italia, dopo le vittoriose campagne militari, assurge agli occhi del popolo romano all’ideale del leader, personaggio carismatico e fondamentale per il raggiungimento del benessere e della sperata pacificazione in tutte le province. L’assassinio nel 44 a. C. del dittatore acclamato solo pochi giorni prima, scatena una lotta senza quartiere che si concluderà solo dopo la battaglia di Azio del 31 a.C. con il figlio adottivo di questi, Ottaviano proclamato dal Senato di Roma, Augusto, primo imperatore.
Queste vicende si inquadrano nell’arco cronologico che va dalla distruzione di Cartagine operata nel 146 a.C. alla fine del primo secolo a.C., dove pressante e continua era la necessità della Repubblica prima, e dell’Impero poi, di appezzamenti di terreno da assegnare ai veterani-coloni che avevano combattuto nelle campagne militari di Roma. Il nascente Impero troverà nella provincia Africana ampio soddisfacimento a queste istanze.
In breve tempo, nel solo volgere di poco più di cento anni dal 146 a.C. al 27 a.C. anno in cui Ottaviano assurge alla carica di Augusto, l’ Africa vetus associata alla Numidia diverrà Africa Proconsolare, una nuova provincia, considerata a ragione, il granaio dell’Impero. La produzione agricola e alimentare delle province africane, a cui si sono nel frattempo, aggiunte la Mauretania Cesariense e Mauretania Tingitana, comprende oltre che i cereali che viaggiano verso la capitale, presumibilmente in sacchi, anche l’olio e le salse e derivati di pesce.
Le province africane invadono il mediterraneo, verso i ricchi mercati della capitale e in genere della penisola Italiana, con i loro prodotti di prestigio e l’ormai ambito e richiestissimo garum. I primi secoli dell’Era di Cristo vedono così fiorire, in queste province, la produzione dei contenitori ceramici per il trasporto dell’olio: parliamo delle Anfore Tripolitane conosciute in tre varianti. L’A. Tripolitana I attestata a partire dal I° secolo d.C. e fino alla metà del II°, ha corpo cilindrico con un altezza variabile dai 95 ai 110 cm., il collo troncoconico si innesta nel corpo con un deciso stacco, l’orlo è a doppio gradino, le anse sono a nastro e il puntale cavo.
L’argilla è color rosso arancio e presenta una spessa ingubbiatura chiara sulla superficie. L’A. Tripolitana II° si diffonde prevalentemente a livello regionale e si differenzia dalla precedente per un collo meno pronunciato, e le anse presenti direttamente sul corpo dell’anfora anziché sulla spalla; l’altezza è di 115 cm. ed è attestata la sua presenza fino a tutto il IV secolo. L’A. Tripolitana III ritorna ad avere le anse sulla spalla ad innestarsi al di sotto dell’orlo e vede, a differenza delle due precedenti, la sua diffusione in tutto il bacino del mediterraneo fino alle regioni dell’Europa centrale a partire dall’inizio del III° secolo e per tutto il IV°. Il 193 d.C. vede salire al ruolo che fu di Augusto, il primo imperatore africano: Settimio Severo.
Con la dinastia dei Severi Roma conosce una serie di distribuzioni gratuite di olio alla plebe nel corso del III° secolo, consentita anche dalla veicolazione di questo prodotto attraverso l’uso di anfore Africane nella variante definita -Africana Piccola- e in quella chiamata -Africana Grande-. Diffuse in tutto il bacino del mediterraneo occidentale dal II° al V° secolo d.C. questi contenitori erano fabbricati nella Byzacena e nella Zeugitana (grosso modo l’attuale Tunisia) gli archeologi ne hanno trovati in enorme quantità in moltissimi siti del mediterraneo occidentale.
L’africana Piccola o anche Africana I è alta circa 90/95 cm con un corpo cilindrico allungato, collo breve e orlo estroflesso, piccole anse a bastone appiattito dal collo alla spalla del contenitore e puntale cavo; l’argilla è rossa, tendente allo scuro, con sovente una ingubbiatura chiara all’esterno. L’Africana grande o Africana II differisce dalla sorella sopratutto per l’altezza che può raggiungere i 110 cm. Dall’inizio del IV° sec d.C.
Alla metà del V° dalle stesse zone di produzione delle Africane I e II vediamo la nascita delle Anfore cilindriche di medie dimensioni (classificazione Keay XXV, 1-3) sempre con corpo cilindrico, un collo più allungato delle precedenti, puntale più marcato, altezza di 100/110 cm con un’argilla rossastra e una ingubbiatura chiara. L’invasione Vandala dei territori africani a partire dalla prima metà del IV° secolo di fatto non produce un interruzione delle produzioni e delle esportazioni ma piuttosto un suo ridimensionamento e così assistiamo alla nascita delle particolarissime anfore chiamate Spateia, con un corpo assolutamente affusolato e collo e puntale allungati.
Queste anfore danno l’idea del ridimensionamento della necessità di trasportare grandi quantità di prodotto. Hanno un altezza molto variabile e si prestano per trasportare olio ma anche olive, conserve di pesce e vino. Sono diffuse dal IV° al VII° secolo sia nel bacino del mediterraneo sia nelle regioni Europee occidentali e orientali.
Termino questo terzo contributo sulle anfore da trasporto con una menzione speciale per il tipo Keay LII diffusa fra il IV° e il VII° secolo in molti centri del mediterraneo. Trasporta vino ed è prodotta nel meridione d’Italia, sopratutto in Calabria. Si caratterizza dalle sue ridotte dimensioni con un’altezza di soli 40 cm. corpo ovoide e fondo ombelicato, anse a sezione ovale a bastone e colori variabili dal beige rosato al marrone.
Scrivendo queste ultime due righe mi sono domandato: ma perchè proprio concludere con la Keay LII? Per due motivi, fondamentalmente. Il primo per fornire un attestato di gratitudine agli straordinari lavori di scavo della Cripta Balbi, in cui si sono trovati frammenti di queste anfore a testimoniare la presenza, ancora in una fase tardo antica e alto medievale, dell’esistenza di un commercio, sia pure in scala ridotta, del vino verso Roma, non più capitale di un grande impero ma ormai piccola cittadina di un mondo in vorticoso divenire. La seconda motivazione è assolutamente attuale: riconoscere un tributo ad una regione italiana, la Calabria, oggi tanto funestata dalle recenti vicende legate alle navi dei veleni.
Ovviamente l’excursus tipologico sulle anfore che sono circolate nel mediterraneo nei due millenni avanti e dopo Cristo non può esaurirsi in questi tre contributi. Penso alle late roman, ai dolia, alle anfore provenienti dal bacino orientale del mediterraneo nella tarda antichità e nel corso dell’alto medioevo. I lettori che volessero avere maggiori informazioni e ragguagli possono contattarmi per approfondimenti e chiarimenti, sarò lieto di scambiare con loro opinioni e raffronti.
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